Preparazione del terreno e messa a dimora della vite
Il sistema di coltivazione della vite nelle nostre campagne era quello cosiddetto a “piantata“. Consisteva nel sostenere i tralci della vite facendoli salire su altre piante, generalmente olmi, disposte parallelamente ai canali di scolo. Questa sistemazione nata nel sec. XIV resisterà fino alla meccanizzazione agricola. Essa permetteva di coltivare contemporaneamente sullo stesso appezzamento di terreno vite, cereali e foraggi. Consentiva inoltre di utilizzare le foglie dell’olmo come foraggio per il bestiame e il legname come combustibile e come materia prima per gli attrezzi.
Il contratto di mezzadria obbligava il contadino a compiere tutte le operazioni necessarie per mantenere l’impianto della vite in efficienza, in modo che producesse la maggiore quantità di uva. I suoi compiti erano: la preparazione del terreno e la messa a dimora, la potatura, la sostituzione delle piante morte, il mantenimento e la cura del supporto della vite.
Dopo aver liberato il terreno da eventuali radici e sassi, si procedeva ad un’aratura profonda per rinvigorire con aria e luce il suolo.
Per mettere a dimora una nuova piantina di vite era necessario, con vanga (vanga) e badile (badîl), fare una buca di m.1 x 0,50, profonda circa cm. 60, a un metro circa dall’olmo, nelle distanze interne tra un olmo e l’altro (in mèzz a l’ôc).
Sul fondo, come drenaggio, si mettevano fascine, oppure i graspi ottenuti dalla torchiatura delle vinacce. Si fissava la piantina (puntêr la vida) e si riempiva la buca (stumpêr la busa). Man mano che la vite cresceva, si legava all’olmo con una prima legatura a 50/60 cm da terra, poi eventualmente con una seconda al centro ed una terza a 20 cm circa dalla biforcazione dei rami principali del tutore. Tutte le legature erano effettuate con rami di salice appositamente preparati.
Anche la pianta di sostegno alla vite veniva pulita da muffe e rogna con appositi attrezzi (raschìn) e se necessario si sostituiva con pali conficcati nel terreno con l’aiuto di trivella (tarvèla da pêl) e mazza (mâs – mâsa).