Ci troviamo davanti a un complesso di cartelle stracolme di disegni. Queste che ci troviamo a guardare sono fatte di un semplice rustico cartone, pur sempre del colore del cuoio piegato in due. Sopra, al posto dell’etichetta, c’è una scritta trasversale veloce fatta con una matita grassa e nera: “Disegni”. Sarebbe stato meglio ci fossero stati chiariti i diversi soggetti, invece in quella cartella regna il caos. Disegni di ogni periodo mescolati… ecco quelli che faceva alla scuola serale del nudo. Sono disegni dove una modella ed un modello si alternavano settimanalmente come voleva la tradizione, erano al centro del cerchio degli allievi; ma qua non si trattava di allievi, erano pittori scultori e dilettanti amanti dell’arte, ai quali l’Istituto di Belle Arti Adolfo Venturi di Modena, metteva a disposizione un ambiente spazioso, confortevole in quanto riscaldato, attrezzato di tutto punto con cavalletti o asciette, per dar modo di scegliere un modello in carne ed ossa anziché i soliti “gessi” ed un “responsabile” vale a dire un artista, che non era tenuto a controllare quello che ognuno di loro faceva, ma interveniva soltanto se veniva interpellato. Per tre anni questo incarico venne dato a Uber.
Raffaella Bertani, Manoscritto, 1996