La minestra è la biada del contadino
[Nel Reggiano] il colono alquanto agiato, durante la settimana fa uso di pane e minestra, e ogni otto giorni anche di carne e vino schietto, mentre ordinariamente fa uso di vino piccolo o vinello. Nella stagione invernale poi, compresa parte dell’autunno e della primavera, fa grande uso di polenta condita con lardo, burro e formaggio. Il colono meno agiato fa uso quasi tutto l’anno di polenta condita alla meglio, patate, fagioli, e in media può dirsi ch’egli mangia la minestra tre volte la settimana. All’incontro, il povero giornaliero consuma sempre polenta, più spesso senza condimento. Beve spesso acqua pura per bevanda.
Inchiesta Agraria, 1881 in La cucina contadina. Storia dell’alimentazione, patrimonio e tradizioni nei musei dell’Emilia-Romagna, 2009
Intorno all’alimentazione bisogna distinguere tra zona e zona, tra epoca ed epoca, tra una condizione e l’altra dei lavoratori della terra. […] Nella pianura alta e bassa il regno della polenta non cessa, ma però si fa meno esclusivo: la minestra di pasta o riso con legumi e il pane si mangiano di frequente, la carne di pollo o di manzo in qualche solennità nutre la famiglia: si beve poco liquore, ma più spesso vino sottile (vinello) e si condisce il mangiare sempre con sale, lardo e spesso con pesce salato e talvolta con burro e latticini. Se consideriamo il nutrimento nelle varie epoche dell’anno, troviamo che in quelle di grandi lavori e nelle quali si raccolgono frutti della terra, è generalmente maggiore, più sano e più sostanzioso: ne’ giorni del raccolto (sono 15 o 20) la minestra non manca mai, si mangiano ova, formaggio, pane in quantità notevole; si beve per lo più vinello. Ma dal Novembre fino a che dura la stagione cattiva, la polenta riprende la sua preponderanza e in alcuni luoghi regna assoluta e tirannica: scemano le fatiche, s’accorciano i giorni, diminuiscono i guadagni.